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FORTINI E PASOLINI: ERETICI A CONFRONTO

Giovanni Tesio Pasolini e Fortini, la purezza militante di due amici-nemici La Stampa Tuttolibri, 26 aprile 2025 Due poeti, due critici, due militanti, due coscienze eretiche, due coraggiosi e più che incidentalmente emuli. Fortini e Pasolini, Pasolini e Fortini, due protagonisti della scena culturale del secondo Novecento. Due cercatori di verità. Due anticonformisti che hanno intrecciato i loro vicendevoli percorsi, non senza asprezze, non senza dissensi. Due cultori di una “purezza” militante che li ha visti combattere la buona battaglia dell’impegno letterario profondamente coinvolto nell’impegno civile e politico. Ma anche due negati all’umorismo, con poche e pur “straordinarie eccezioni”, come osserva Piergiorgio Bellocchio in Diario del Novecento, pubblicato dal Saggiatore a cura di Gianni D’Amo. A fare ora i conti con tutto un percorso di incontri-scontri sono i solidi atti di un convegno, ovviamente a più voci, che si è tenuto a Casarsa della Delizia nel novembre del 2023 e che vedono la luce da Marsilio: Nel segno della contraddizione. Pasolini e Fortini due poeti del Novecento a cura di Paolo Desogus. Come sempre accade in questi casi una semplice recensione giornalistica non può certo dare l’idea di una complessità che di voce in voce passa attraverso le pagine di questo volume corposo, che traccia - secondo linee d’indagine assai puntuali e incisive - i nessi di un’amicizia frontale. Un’amicizia che si dipana non soltanto nel “segno della contraddizione”, come recita il titolo del volume, e dei diciannove saggi di cui dà conto Desogus nella premessa, ma nel “segno di un contraddittorio” animato e anche animoso, capace di offrire uno dei rapporti più fecondi delle nostre patrie lettere. Dirà Fortini: «aveva torto, non avevo ragione» nel suo volume autobiografico Attraverso Pasolini, già pubblicato da Einaudi e poi ripreso da Quodlibet: felice e sottile epigrafe di un rapporto influente, vale a dire l’ammissione di un confronto in cui s’incide - con sintomatica litote - quello che in linguaggio sportivo si direbbe un risultato di parità; parità scaturita da una leale e a tratti arroventata contesa tra due compagni di strada che in certi passaggi non si sono risparmiati anche colpi contundenti. Una coppia ancipite: uno - Pasolini - assetato di passato; l’altro - Fortini - affamato di futuro. Il sogno edenico e l’utopia rivoluzionaria, due realtà smentite dalla storia, due intelligenze, una più lenticolare (Fortini), l’altra più sintetica (Pasolini), una più razionale, l’altra più nostalgica, più emotiva; una più revulsiva, l’altra più istintiva. Per Pasolini in principio è l’immagine, per Fortini l’azione. Pasolini è un mitologo, Fortini un ideologo. Simili e dissimili, Pasolini e Fortini si inseguono e si perseguitano, si cercano e si disattendono in una bellissima contesa. A fare corona ai saggi del volume sono i risultati di una tavola rotonda cui partecipano Massimo Raffaeli, Alessandro Gnocchi e Filippo La Porta, tre studiosi che contribuiscono ad affrontare i détours di un’amicizia perturbata. Ecco quindi la diversa visione nei confronti del dialetto, su cui Fortini lancia subito il suo allarme, osservando che il dialetto potrà originare una grande letteratura «a condizione di non essere più nostalgia né rifugio nello sforzo di crescere a lingua, la lingua della ragione e del romanzo e nel negarsi come dialetto, come verità particolare e sezionale». La collaborazione a “Officina”, la rivista di non lunga durata ma di notevole rilievo nel passaggio dei cruciali anni Cinquanta del Novecento (non a caso in Attraverso Pasolini Fortini su questa esperienza insiste parecchio). Il dissenso che porta a una rottura alla fine del maggio ’68 quando Pasolini pubblica sull’“Espresso” i suoi versi contro gli studenti, e poi via via tutto un intreccio che si coinvolge in una pur sempre vigilata adesione mostrata da Fortini per la poesia dell’amico, che giunge, come Raffaeli sottolinea, ad «altissima e persino drammatica considerazione». Non altro che piccoli spunti che è giocoforza estrapolare da un volume troppo ricco di spunti perché se ne possa fare un decente resoconto. Resta se mai da annotare che non sempre la spesso presuntuosa scienza accademica finisce nelle secche di una stima del tutto autoreferenziale, ma come a volte sappia aprirsi - come qui accade - a una più ampia leggibilità, a una più stimolante fruizione.

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